Filippo Tommaso Marinetti è stato una figura di riferimento della prima metà del Novecento. poeta, scrittore, drammaturgo e militare italiano, è conosciuto principalmente per essere il fondatore del futurismo, l’artista che ha dato vita ai movimenti delle avanguardie.

Personaggio eclettico e stravagante, il primo capace di capire il cambiamento in atto nella società del Novecento, il suo impegno per il movimento futurista è caratterizzato dalla redazione dei Manifesti, mentre viene ritenuta secondaria la sua produzione letteraria, poco apprezzata anche dagli altri artisti futuristi.

Biografia di Filippo Tommaso Marinetti

Filippo Tommaso Marinetti nasce in Egitto nel 1876. Proviene da una famiglia molto ricca, il padre è un famoso avvocato, e questo da adulto gli darà la possibilità di viaggiare molto, di pubblicare le proprie opere e di affittare gallerie e teatri per gli spettacoli futuristi.

Nel 1888 entra nel collegio St. François-Xavier dei gesuiti francesi, dove fonda la sua prima rivista, Papyrus. I gesuiti lo minacciano di espulsione dalla scuola per i temi trattati dalla rivista e per aver fatto conoscere agli altri studenti i romanzi di Zola.

Per questo motivo la famiglia trasferisce Marinetti a Parigi, dove si diploma nel 1893 ed entra in contatto con la scena culturale e artistica del tempo, iniziando a scrivere le prime poesie in francese. A Parigi, per le sue idee innovative, riceve il soprannome di Caffeina d’Europa.

Dopo il diploma si trasferisce a Pavia, dove si iscrive a giurisprudenza insieme al fratello. Poco dopo il fratello appena ventenne muore e la sua scomparsa è un trauma per Marinetti, che nel 1898, una volta conseguita la laurea, decide di dedicarsi interamente all’arte. Un secondo importante lutto è quello del 1902, quando muore anche la madre, grande sostenitrice del talento del figlio. Da questo momento Filippo Tommaso Marinetti si dedica alla letteratura in tutte le sue forme, dalla poesia ai romanzi, fino al teatro.

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Mondadori Portfolio//Getty Images

Le prime poesie e il rapporto con d’Annunzio

In questo periodo scrive poesie in francese pubblicate su riviste di Milano e Parigi, composte in stile simbolista e liberty utilizzando versi liberi.

Tra il 1905 e il 1909 Marinetti scrive sulla rivista Poesia, da lui fondata, che propone brani di poeti simbolisti francesi e diventa la prima rivista su cui l’artista diffonde le idee futuriste.

I suoi riferimenti sono Mallarmé, Carducci, Pascoli e d’Annunzio, poeti che hanno influenzato la letteratura del primo Novecento.

Con d’Annunzio in particolare Marinetti ha un rapporto controverso, è ispirato dal suo lavoro e dalla sua personalità di esteta, ma è insofferente rispetto alla sua figura. Simbolo di questo sentimento sono le raccolte di poesie Les Dieux s'en vont, d'Annunzio reste e D’Annunzio intime.

D’Annunzio invece non condivide la sua stima, arrivando persino a definirlo “un cretino fosforescente”, e Marinetti sarà sempre oscurato dalla fama e dal talento di d’Annunzio, infatti tra i due artisti ci sarà sempre una rivalità.

Il futurismo di Marinetti

Dopo i lutti un altro trauma scuote la vita di Marinetti. Nel 1908 fa un incidente in auto, in cui finisce in un fossato per evitare dei ciclisti sulla strada, che lo scuote nel profondo. Decide di lasciare da parte le influenze liberty del primo Novecento e tutto quello che ha a che fare con il passato.

Nasce così il Futurismo, il movimento che si erge a promotore del cambiamento, allontanando il passato e celebrando le nuove tecnologie come la macchina, insieme alla velocità, al coraggio e al pericolo.

Il Futurismo viene definito nel 1909 con il primo Manifesto del Futurismo, che Marinetti manda a tutte le principali riviste italiane e al quotidiano parigino Le Figaro, grazie al quale ottiene una risonanza europea.

In questo periodo Marinetti pubblica diversi drammi teatrali che non ottengono lo stesso successo del manifesto, ma nel 1910 con il romanzo Mafarka il futurista ottiene l’attenzione del pubblico e di artisti che decidono di aderire al movimento, come Boccioni, Carrà, Russolo e Palazzeschi. Nascono così le serate futuriste, in cui gli artisti declamano i loro manifesti, e il Manifesto Contro Venezia passatista, che viene stampato su volantini e lanciato dal campanile di San Marco.

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Il periodo della guerra, il fascismo e le parole in libertà

Nel 1911 Marinetti si fa inviare in Libia come giornalista per documentare il conflitto e partecipa anche a qualche battaglia sul campo, che racconta nell’opera La battaglia di Tripoli. Scrive anche Le monoplan du Pape, un romanzo in versi che gli fa capire di dover andare oltre rispetto alla classica composizione in versi.

Nascono così le parole in libertà, poesia in cui punteggiatura e sintassi vengono stravolte. Un esempio è Zang Tumb Tumb, composizione con cui Marinetti descrive la guerra bulgaro turca. Le parole in libertà non vengono apprezzate da Palazzeschi e da altri letterati, che decidono di conseguenza di lasciare il movimento.

La guerra è uno dei temi più sentiti da Marinetti, che si arruola allo scoppio della Prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto resta insoddisfatto dalla cosiddetta vittoria mutilata e fonda il Partito Politico Futurista, che punta a passare dalla monarchia alla repubblica e a eliminare l’influenza del Vaticano dall’Italia. Il partito nel 1919 si avvicina al fascismo, ma dopo poco se ne allontana per la svolta reazionaria di Mussolini.

Dopo la delusione politica Marinetti torna alla sua produzione letteraria. Le sue opere però, così come il Tattilismo, una nuova forma d’arte creata con sua moglie, l’artista Benedetta Cappa, non vengono apprezzate dai futuristi. Ora è il dadaismo a segnare la scena artistica e per la delusione si avvicina nuovamente al fascismo, ricevendo numerosi riconoscimenti dal regime.

L’introduzione delle leggi razziali e l’alleanza italo tedesca spingono Marinetti a scrivere articoli critici nei confronti del regime, ma non lo allontanano dal fascino che prova per la guerra. Nel 1936 l’artista partecipa alla guerra di Etiopia e nel 1942 partecipa anche alla spedizione in Russia.

Al ritorno dalla spedizione si ammala, morendo nel 1944 dopo aver scritto la sua ultima opera, Quarto d'ora di poesia della X Mas. Ottiene il funerale di Stato, voluto da Mussolini, e le sue spoglie sono ancora oggi ospitate al cimitero Monumentale di Milano.